Birra Divina btg cl.33

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Birra dal colore Ambrato intenso con riflessi ramati, corpo medio alto con schiuma color avorio. Aroma e gusto complessi con presenza di malto dolce, esteri leggermente speziati e frutta rossa/scura

Abbinamenti: Carni rosse alla brace, selvaggina  formaggi a pasta dura mediamente stagionati.

Birra Doppio Malto

Gradazione alcolica: 6,7 %

La birra 

è una bevanda alcolica ottenuta tipicamente dalla fermentazione di mosto a base di malto d’orzo, aromatizzata e amaricata con luppolo  

Tra le più diffuse[ e più antiche bevande alcoliche del mondo, è prodotta attraverso la fermentazione alcolica  di zuccheri derivanti da fonti amidacee.

La più usata delle è il malto d’orzo, ovvero l’orzo germinato ed essiccato, chiamato spesso semplicemente malto.

Storia

La birra è una delle bevande più antiche prodotte dall’uomo, probabilmente databile al settimo millennio a.C., registrata nella storia scritta dell’antico Egitto e della Mesopotamia(3500-3100 a.C.) 

La parola italiana birra deriva dal tedesco Bier, un prestito del XVI secolo.

Processo di produzione

Nel processo di fermentazione si utilizzano spesso ingredienti, metodi produttivi e tradizioni diversi;

al posto dell’orzo infatti si usano frumentomaisriso – e, in misura minore, avenafarrosegale, mentre altre piante meno utilizzate sono invece radice di maniocamiglio e sorgo in Africapatata in Brasile e agave in Messico; il tipo di lievito e il metodo di produzione vengono tipicamente usati per classificare le birre in alelager o birre a fermentazione spontanea.

Ingredienti:

I cereali

La produzione di birra è possibile con qualunque tipo di cereale. Questo però deve essere preparato affinché i suoi zuccheri diventino fermentescibili.

In alcuni casi è sufficiente una semplice cottura, come nel caso del mais, mentre in altri casi è necessario “maltare” il cereale.

Il malto

Il malto non è altro che un cereale germinato, in particolare l’orzo. Infatti, gli zuccheri contenuti nei chicchi d’orzo non sono immediatamente accessibili.

È quindi necessario attivare un enzima presente nel chicco stesso. Questo enzima parteciperà alla riduzione delle lunghe catene di zuccheri.

L’attivazione dell’enzima consiste semplicemente nel far germinare i chicchi.

Quando si ritiene che l’attivazione enzimatica della germinazione sia arrivata allo stato ottimale, si interrompe il processo, riducendo l’umidità nei chicchi fino al suo valore minimo mediante l’essiccazione.

Questo prodotto viene chiamato “malto verde”. A questo punto bisogna cuocerlo per ottenere il “malto secco”. A basse temperature si ottiene il minimo effetto di tostatura e si parla di “malti chiari”. In proporzione a quanto si aumenta la temperatura del forno e/o il tempo di permanenza in esso, il malto risultante diventa più scuro.

Si può arrivare fino al punto di bruciarlo producendo così i “malti neri” o “malti torrefatti”. I l grado di tostatura del malto determina il colore della birra. Quando non si tratti di orzo, allora si specifica il cereale di partenza (malto di frumento, malto di avena, ecc.).

Miscela

Il termine “miscela”, il cui nome tecnico è “grist”, si riferisce ai cereali e ai tipi di malto che si utilizzeranno per preparare il mosto. Questi infatti possono essere composti da un solo tipo di orzo maltato, oppure da una “miscela” di diversi tipi, oppure ancora da malti ed altri cereali maltati e non. Le proporzioni e i componenti di questa miscela sono fondamentali per la scelta e la determinazione dello stile di birra che si vuole produrre.

Tipi di grano

I diversi cereali che si utilizzano per produrre birra presentano ognuno una serie di varietà botaniche che moltiplicano le possibilità di scelta del birraio. Si possono trovare sul mercato fino a 60 tipi diversi di grano, numero che aumenta considerevolmente se teniamo conto anche dei malti caserecci.

Di base, i cereali si possono distinguere in quattro categorie:

  • Malti di base

sono malti chiari, poco cotti, con un grande potere enzimatico, che in genere formano la grande maggioranza, se non la totalità, della miscela.

  1. Malti additivi

sono malti di colore scuro, dall’ambrato al nero, che sono stati cotti parecchio e che hanno perso tutto il loro potere enzimatico. In genere vengono usati in piccole quantità per influire sul colore o sul gusto della birra, oppure per motivi specifici della produzione della singola birra.

  • Malti misti

si tratta di malti che sono tostati maggiormente rispetto ai malti di base, tuttavia conservano proprietà enzimatiche sufficienti per poter essere usati sia come base, sia come additivi. In questa categoria incontriamo i malti color caramello o quelli ambrati conosciuti in Inghilterra come cristal.

Cereali crudi, tostati o in gelatina

i cereali possono essere utilizzati senza essere stati maltati per conferire gusto, aroma e altre caratteristiche alla birra. In genere si utilizzano in piccole quantità. Gli amidi dei cereali crudi sono trasformati dagli enzimi rilasciati nel mosto dai cereali maltati.

 

Luppolo

L’additivo principale usato per compensare la dolcezza del malto, è il luppolo, introdotto nella produzione alla fine del primo millennio e diffusosi a partire dal XVI secolo.

Di questa pianta si utilizzano i fiori femminili non fecondati.

Alla base della sua brattea c’è una ghiandola che contiene la luppolina, che è la sostanza che conferirà il sapore amaro alla birra. I responsabili di questa amarezza sono gli acidi amari, mentre gli oli essenziali, costituiti da composti volatili e delicati a base di esteri e di resine, contribuiscono all’aroma. Esistono numerose varietà botaniche di luppolo e sono oggetto di studio intenso. Il luppolo è la causa della stimolazione dell’appetito che produce la birra. Vengono classificati in diverse categorie:

luppoli da amaro:

si tratta di luppoli caratterizzati da una elevata percentuale di alfa acidi e per questo economicamente convenienti per apportare amaro; vengono perciò generalmente usati all’inizio della bollitura per massimizzarne l’estrazione. Le loro proprietà aromatiche sono quindi di minor interesse, benché per certe varietà possono risultare di buona qualità.

luppoli da aroma:

particolarmente pregiati per il loro apporto aromatico e utilizzati in tal senso, generalmente a fine bollitura per non disperdere gli aromi volatili. Il loro apporto di alfa acidi, talvolta molto basso, è quindi di minor interesse, per quanto possa essere elevato in alcune varietà.

luppoli ambivalenti:

caratterizzati da un’alta percentuale di alfa acidi e di buone qualità aromatiche, possono essere impiegati sia per aroma che per amaro.

Il luppolo è molto delicato ed è normalmente essiccato subito dopo il raccolto che avviene dalla fine di agosto ad ottobre a seconda delle varietà e del microclima della zona di coltivazione.

L’impiego di luppolo non essiccato è di recente introduzione e solo per alcune birre stagionali: in tal caso deve essere impiegato nella preparazione della birra entro poche ore dal raccolto.

Il luppolo sul mercato si trova in diverse forme: coni essiccati pressati, in plug (coni pressati in grosse pastiglie) oppure macinato e estruso in piccoli pellet; diffuso, specie nella produzione industriale, l’uso di estratti di luppolo.

La varietà e la freschezza del luppolo influenzano sensibilmente le caratteristiche finali della birra.

Altri additivi

Oltre al luppolo, nella storia si sono usati numerosissimi additivi botanici per la birra, tra cui:

Frutta. Normalmente fermentando il mosto della frutta si ottiene una bevanda alcolica, come ad esempio il vino. Tuttavia esistono molte birre nel cui processo produttivo si aggiunge frutta o succo di frutta o sciroppo prima della fermentazione. Si ha così un’ulteriore aggiunta di zuccheri che provocano una seconda fermentazione.

Piante. Oltre al luppolo di cui si è già parlato, le birre sono aromatizzate con altri tipi di piante come ad esempio la canapa, il rosmarino, la castagna e il tabacco.

Spezie. Prima della grande diffusione del luppolo e delle altre piante aromatiche, le spezie trovarono il loro momento di gloria. Nel XXI secolo rimangono birre aromatizzate con zenzerocoriandolo, bucce d’aranciapepe e noce moscata.

-Altro. La birra può servire come sostanza ausiliaria o di supporto alle varie sperimentazioni dei produttori più audaci. Citiamo come esempi la birra aromatizzata col miele,  o la birra con uva o mosto d’uva, prodotta in particolare da microbirrifici italiani tanto da aver dato origine ad un nuovo stile riconosciuto, quello delle Italian Grape Ale.

L’acqua

La birra è composta dall’85% al 92% di acqua. Oltre alle caratteristiche minerali e batteriologiche di potabilità che obbligatoriamente deve avere, ogni birra richiederà una qualità differente di acqua: talune necessitano di acque poco mineralizzate, altre acque più dure con molto calcare.

Nella moderna produzione quasi nessuna birra è prodotta con l’acqua così come fluisce, ma con acqua che è prima trattata nel birrificio in modo da avere sempre le stesse caratteristiche e non alterare la ricetta. In particolare l’acqua è a volte filtrata o demineralizzata al fine di ridurre la durezza. Solitamente vè anche sottoposta a procedimento di declorazione preliminare sia per ragioni produttive che organolettiche.

Tra i minerali dell’acqua che interessano maggiormente i birrai ci sono il calcio, i solfati e i cloruri.

Il calcio aumenta la separazione del malto e del luppolo nella macerazione e nella cottura, e scurisce la birra dandole opacità e torbidezza. Il rame, il manganese e lo zinco inibiscono la flocculazione dei lieviti. I

solfati rinforzano l’amarezza e la secchezza del luppolo. I cloruri danno una tessitura più piena e rinforzano la dolcezza.

Nella moderna produzione si ha un consumo di circa tre ettolitri d’acqua per ogni ettolitro di birra prodotta.

Il lievito

La maggior parte degli stili di birra si produce utilizzando una delle due specie di microrganismi unicellulari ,comunemente chiamati lieviti. Si tratta di funghi che consumano zuccheri e producono alcol e anidride carbonica. Esistono fondamentalmente due famiglie di lieviti che definiscono i due più grandi gruppi di birre:

Lieviti ad alta fermentazione,

che si trova nei fusti dei cereali e nella bocca dei mammiferi. Si tratta del tipo di fermentazione che si incontra normalmente in natura e agisce a temperature tra i 12 e 24 °C.

Durante il processo il lievito sale in superficie del tino di fermentazione situandosi sulla superficie del mosto.

Questo lievito fu scoperto da Louis Pasteur nel 1852 durante i suoi studi sulla birra. Le birre ottenute da questi lieviti vengono genericamente denominate “Ale“.

Lieviti a bassa fermentazione.

Sono stati scoperti quasi involontariamente dai birrai del sud della Germania che mettevano le loro birre a maturare nelle grotte delle Alpi.

Questi funghi, agiscono a temperature comprese fra 7 e 13 °C e durante il processo si depositano sul fondo del fermentatore.

Le birre ottenute vengono genericamente denominate “lager“, termine che deriva dal tedesco e significa magazzino, dove la birra viene conservata “al fresco”.

Nella produzione della birra, specialmente in quella chiamata a fermentazione spontanea, possono intervenire anche altri lieviti.

In queste birre il produttore non ne seleziona nessuno in particolare, ma permette a tutti i lieviti in sospensione nell’aria di introdursi nel mosto.

In questo modo intervengono, più di 50 fermentatori differenti tra cui il Lactobacillus, che è un batterio che produce l’acido lattico, ed il Brettanomyces, che produce l’acido acetico.

Queste birre,  chiamate Lambic, sono dunque acide per definizione, e la loro produzione richiede procedimenti speciali destinati a ribassarne il grado di acidità.

 

BIRRIFICIO DELLE CAVE  con la sua qualità e lavorazione accurata, si contraddistingue tra i produttori più validi della filiera.

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